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DIFFERENZE DI SESSO/GENERE E HIV

Negli ultimi quarant’anni, la ricerca scientifica ha portato a un progresso sostanziale nel contrastare l’epidemia da HIV; tuttavia, le donne – in particolare quelle appartenenti a gruppi etnici sottorappresentati nella ricerca, quelle più giovani, quelle transgender – e le persone con diversità di genere, restano interessate in maniera sproporzionata dall’HIV1.

Le donne sono poco rappresentate negli studi clinici correlati all’HIV, e in generale nella ricerca su HIV, nonostante le donne con HIV ora superino gli uomini con HIV a livello globale2. Inoltre, gli studi sulle donne con HIV spesso si concentrano sugli esiti riproduttivi, e la ricerca sulle donne più anziane e in post-menopausa rimane tuttora carente2.

In questa sezione riportiamo evidenze di studi riguardanti presumibilmente donne cisgender o in cui comunque il termine “donne” è usato senza ulteriore specificazione.

 

DIFFERENZE DI SESSO/GENERE: COME SI RIFLETTONO NELLA GESTIONE DELL’HIV

Attualmente le differenze negli esiti del trattamento di uomini e donne che vivono con HIV sono oggetto di dibattito e preoccupazione3. Ci sono differenze importanti in base al sesso/genere per quanto riguarda l’accesso al trattamento e la farmacocinetica, e ci sono fattori biologici, sociali, culturali ed economici che fanno da traino a queste disuguaglianze2. Uomini e donne hanno diversi pattern di acquisizione dell’HIV, e questo fatto potrebbe spiegare potenziali differenze nell’aderenza al trattamento e negli esiti3.

In generale, però, gli uomini con HIV mostrano un rischio più elevato di mortalità per tutte le cause, progressione ad AIDS, fallimento immunologico e virologico, aderenza subottimale alla terapia antiretrovirale (ART), e hanno meno probabilità di seguire in maniera aderente una cura a lungo termine rispetto alle donne3. Ci sono diverse ragioni per cui gli uomini potrebbero avere esiti peggiori nel trattamento dell’HIV rispetto alle donne3. Una potrebbe risiedere nel fatto che gli uomini hanno meno accesso ai servizi di test per HIV rispetto alle donne, dato che a queste ultime viene proposto il test in ambito di cure prenatali, e altri servizi di salute sessuale e riproduttiva possono non essere disponibili per gli uomini3.

Non bisogna poi dimenticare che anche fattori psicosociali come la mascolinità e lo stigma correlato all’HIV possono ritardare la diagnosi di HIV negli uomini3. Come si diceva, esistono differenze biologiche nella farmacocinetica e nelle risposte immunitarie tra uomini e donne3. Le dinamiche virologiche dell’HIV e le risposte immunitarie al virus differiscono in base al sesso4.

Diverse ricerche hanno documentato nelle donne livelli inferiori di HIV-RNA in infezioni precoci, oltre a valori di set point della carica virale e conteggi di cellule T CD4 più elevati. Altri dati suggeriscono che le donne potrebbero essere più spesso “post-treatment controllers” o “low-viremic controllers”4. Nelle donne con HIV solitamente sono presenti livelli più elevati di marcatori di attivazione dell’immunità innata e di marcatori della coagulazione rispetto agli uomini con HIV4. Questi marcatori solubili dell’infiammazione e della coagulazione hanno mostrato di predire la mortalità, e sono collegati a molte comorbilità non infettive come malattie cardiovascolari, deterioramento neurocognitivo, anemia e le neoplasie, in particolare i tumori non correlati all’AIDS4.

Le donne nella popolazione generale hanno più comorbilità degli uomini, e il rischio aumenta nelle donne con HIV rispetto agli uomini con HIV2. Le donne con HIV possono anche sviluppare comorbilità legate all’età più precocemente rispetto alle donne senza HIV2.

Dal punto di vista della terapia, alcuni studi hanno trovato che le donne tendono a raggiungere concentrazioni maggiori nel plasma dei farmaci antiretrovirali e ad avere un livello maggiore di attivazione immunitaria rispetto agli uomini, fatto che potrebbe aumentare in maniera sinergica la potenza dell’ART. Inoltre, le donne riescono più facilmente raggiungere la normalizzazione del rapporto CD4/CD8 rispetto agli uomini indipendentemente dalla modalità di acquisizione di HIV3.

Le differenze di sesso/genere nell’aderenza terapeutica possono essere un altro fattore esplicativo per alcune variazioni di esito clinico tra uomini e donne3. Sebbene le evidenze siano contrastanti, il sesso maschile è stato identificato come un fattore di rischio per la non aderenza4. Le donne hanno periodi a rischio più elevato per la non aderenza, come la gravidanza e l’allattamento4. Anche le donne più giovani e quelle con un supporto sociale più scarso sono più propense a non aderire alla terapia4. Da un altro punto di vista, però, le donne tendono a riportare più effetti indesiderati dall’ART rispetto agli uomini. Questo potrebbe essere dovuto ancora alle differenze di genere nella farmacocinetica, per cui le donne tendono a presentare concentrazioni antiretrovirali più alte rispetto agli uomini. Ma non bisogna dimenticare che anche i fattori socioculturali possono avere un ruolo, dato che gli uomini potrebbero essere meno propensi a raccontare gli effetti indesiderati dell’ART per paura che ciò mini la loro mascolinità3.

CONCLUSIONE

La relazione specifica tra sesso/genere e infezione, in particolare quella mediata dalle risposte infiammatorie e immunitarie, dovrà in futuro essere approfondita, e dovranno essere sviluppati nuovi interventi per ridurre le disparità4. I paradigmi di trattamento e i modelli di cura dovranno essere valutati in popolazioni e ambientazioni diverse, e bisognerà tenere conto anche del sesso/genere quando si andranno a creare percorsi ottimali per la prevenzione, la terapia e la cura4. Anche la ricerca clinica e operativa dovrà essere sviluppata in maniera da tenere presente queste differenze legate al sesso/genere4.