Torna indietro

HIV E INFANZIA

LA SITUAZIONE GLOBALE

A livello globale, tra il 2000 e il 2022 il numero di nuove infezioni da HIV tra i bambini fino a 14 anni è diminuito del 75%. Purtroppo, però, in seguito i progressi sono andati rallentando1.

Inoltre, il divario tra la copertura del trattamento per adulti e bambini è aumentato dal 20101.

Infatti, sebbene l’82% delle donne incinte che vivono con HIV e il 77% degli adulti con HIV ricevessero complessivamente una terapia antiretrovirale nel 2022, solo il 57% dei bambini con HIV aveva accesso al trattamento1.

 

LA SITUAZIONE IN ITALIA

Come in quasi tutti i paesi industrializzati, in Italia l’infezione da HIV in età pediatrica acquisita per via verticale (cioè mediante trasmissione madre-figlio) si è drasticamente ridotta negli ultimi dieci anni2.
Questo traguardo è stato possibile grazie alle strategie di prevenzione della trasmissione perinatale, ovvero la terapia antiretrovirale in gravidanza, il controllo della viremia materna nel peripartum, il parto cesareo elettivo nelle donne con viremia rilevabile, l’allattamento artificiale e la profilassi con antiretrovirali al neonato2. In questo modo, il tasso di trasmissione madre-figlio dell’HIV si è quasi azzerato2. Nonostante tutto, alcuni bambini possono comunque infettarsi2. Alcune donne, infatti, non effettuano il test per HIV in gravidanza, o non ne ritirano il risultato, oppure non portano avanti la terapia in maniera adeguata2. La positività a HIV viene identificata a volte solo nel post-partum, e la profilassi combinata con antiretrovirali che viene somministrata al neonato non sempre riesce a ridurre il rischio di infezione2. Inoltre, in Italia arrivano a volte bambini nati in paesi ad elevata endemia, che vengono identificati solo quando sono sintomatici2.

L’epidemiologia dell’HIV in età pediatrica nel nostro paese è documentata grazie al Registro italiano per l’infezione da HIV in pediatria, istituito nel 1985 con la finalità di studiare gli aspetti epidemiologici, clinici e immunologici dell’infezione da HIV nei bambini e negli adolescenti3. Questo registro, pur non essendo tecnicamente un sistema di sorveglianza, ha costruito, grazie all’alto numero di centri partecipanti e al suo disegno di tipo prospettico, una tra le casistiche più ampie a livello mondiale2.

Grazie al registro sappiamo che il tasso di trasmissione dell’infezione da madre a figlio nel periodo che andava dal 2016 al 2021 era del 1,14%. Dal 2011 al 2021, però, la positività a HIV è stata riscontrata in 100 casi per la prima volta in gravidanza o nel periodo peripartum2. In tale situazione il tasso di trasmissione dell’infezione da madre a figlio è stato del 6%, e questo suggerisce che, in sottogruppi a rischio, il test per HIV dovrebbe essere ripetuto in gravidanza2. In 4 donne su 6 (66,67%) che si sono trovate in questa situazione non era stato iniziato un trattamento antiretrovirale per prevenire la trasmissione2.
Nella maggior parte dei casi (65%) si trattava di donne che provenivano da aree con alta endemia di infezione2.

 

DIAGNOSI PRECOCE E INIZIO DELLA TERAPIA

In Italia, la diagnosi di infezione nel neonato si basa su due test virologici positivi, eseguiti alla nascita, tra i 14 e i 21 giorni di vita, a 1-2 mesi, e fra 4 e 6 mesi4. L’esclusione dell’infezione da HIV, invece, si fonda su almeno due test virologici negativi eseguiti uno a 1 mese o più di vita e l’altro a 4 mesi o più oppure su due test sierologici per anti HIV eseguiti dopo i 6 mesi di vita o tra 12 e 18 mesi4.
È stato dimostrato che una diagnosi precoce dell’HIV e un inizio precoce della terapia antiretrovirale riducono la mortalità dei neonati del 76% e la progressione dell’HIV del 75%5. L’inizio della terapia appena possibile dopo la nascita è stato anche correlato a un migliore recupero della conta dei CD4+5.

 

MONITORAGGIO CONTINUO

Anche se l’aspettativa di vita dei bambini con HIV acquisito in epoca perinatale si è allungata e i tassi di mortalità in questa popolazione stanno diminuendo nei paesi dell’Europa occidentale, i decessi non si sono ancora del tutto annullati5.

Infatti, le morti non correlate direttamente all’AIDS, ma associate a complicazioni metaboliche, effetti avversi dei farmaci o insufficienza d’organo, sono in aumento5. Dal 1996 sono diminuiti i tassi di infezioni opportunistiche5. Inoltre, sono diminuiti i tassi di nefropatia associata e di encefalopatia associata all’HIV5. Tuttavia, nei paesi a basso-medio reddito, stanno prendendo sempre più piede altri tipi di malattia renale, e deficit cognitivi lievi5. I tassi di cancro nei bambini con HIV sono scesi invece notevolmente dopo il 20005.
Inoltre, i bambini con HIV sono a più alto rischio di infezione prevenibile mediante vaccinazione rispetto ai bambini negativi al virus4. L’immunogenicità e la durata della risposta immunologica dovute alle vaccinazioni, tuttavia, non sono sempre ben definiti, ed è più difficile raggiungere una protezione adeguata e prolungata verso infezioni gravi4.

 

CONCLUSIONE

È importante sottolineare che nel 2022, a livello globale, il 42% della trasmissione verticale dell’HIV si è verificata durante l’allattamento1. I dati suggeriscono che quasi la metà delle nuove infezioni tra i bambini è dovuta al fatto che le loro madri non hanno ricevuto terapia antiretrovirale durante la gravidanza o l’allattamento1. Un ulteriore 21% è dovuto alla sieroconversione delle madri durante la gravidanza o l’allattamento1. Saranno quindi necessari ulteriori progressi per mantenere le donne in terapia, in modo che possano salvaguardare la propria salute e quella dei figli1.

È ormai noto che la diagnosi precoce, un follow-up rigoroso dalla nascita e una terapia precoce ed efficace sono fondamentali per tenere sotto controllo l’infezione e prevenire la progressione verso l’AIDS e la morte5. Non a caso, sono stati osservati tassi di mortalità significativamente ridotti nei bambini con un’elevata percentuale di linfociti T CD4+ (> 15%)5.

Monitorare le variazioni dei sintomi e dei segni associati all’HIV, raccogliere eventi clinici e informazioni di laboratorio rilevanti, comprendere i nuovi aspetti della malattia è estremamente importante per investigare l’impatto della terapia antiretrovirale sulla popolazione pediatrica con HIV e per migliorare la qualità della vita e l’aspettativa di vita dei bambini5.